venerdì 11 giugno 2010

Da Trimo in poi. (Parte 2)

Il primo giorno in cui sono arrivato in questa foresta di case, devo ammettere che non mi aspettavo di trovarla così poco accogliente. M'ero fatto un'idea sbagliata della mia prima sensazione, in fondo speravo si trattasse di stupore o al massimo di spaesamento.
Avevo costruito una fortezza d'illusione che a definirla dorata sarebbe un delitto: il sole splendente, la brezza che accarezza il mio volto, sorrisi e fiori ovunque. Avevo avuto troppo tempo nel treno per immaginare ed ero arrivato alla conclusione che il mio viaggio sarebbe terminato con l'approdo a un paradiso terrestre, tra nubi dorate e canti soavi. Maledetta la mia fervida fantasia, sarebbe stata un po' meno amara la mia reazione. Quel che mi ritrovai davanti non era che l'esatta riproduzione di uno squallidissimo purgatorio, del paradiso ovviamente non v'era ombra alcuna. Era tutto così normale, troppo normale rispetto allo straordinario che mi ero figurato. La delusione non l'avevo presa in considerazione affatto nel mio peregrinare fantasioso, e ora bruciava più che mai. Tornavo con la mente alla mia casa, al mio giardino, al paese che avevo abbandonato, alla realtà che avevo deciso di lasciare per rincorrere quel sogno di libertà che avevo costruito intorno al barlume della mia maturità appena sbocciata.
Ma durò poco in realtà, molto meno di quanto si possa immaginare; il mio pensiero si rifiutava di concepire lo sbaglio, o perlomeno la discesa nel baratro del diverso, e scandagliava ogni singolo particolare di quel triste spettacolo che mi si parava davanti per trovare un solo elemento di rivalsa, positivo in qualche modo. E alla fine, deluso, si raggomitolava su se stesso, e finalmente mi lasciava camminare.
Il primo passo è sempre il più importante, ma giuro che quella volta era anche più difficile del solito. La forza repulsiva che mi aveva spinto fin qui ora era scomparsa, toccava a me muovere i passi della nuova vita. Avevo bisogno di un posto dove stare, avevo bisogno di mangiare, bere, dormire... insomma tutte cose che mi avrebbero permesso di restare in vita; poi le mie finanze ormai tendevano ad un rosso allarmante, e tranne per la mancanza della scritta pericolo sul portafoglio, non avevano nulla da invidiare ad una situazione d'emergenza. Non mi lamentavo del mio misero bagaglio: qualche vestito e pochi spiccioli non saranno una fortuna, però per ora mi bastava sapere che potevo sopravvivere con le mie sole forze. Ma ero anche tanto consapevole quanto rassegnato che mi sarei dovuto trovare in ogni caso una sistemazione, possibilmente anche un lavoro, o un semplice qualcosa da fare per poter occupare il mio tempo. La noia uccide da queste parti, e una morte così banale non l'avrei sicuramente sopportata.
Mosso il primo passo comunque, il resto era relativamente semplice; mi ero sempre saputo adattare alle nuove situazioni, e quella in fondo non era che la prima fase del corso di sopravvivenza a cui avevo involontariamente dato vita.

1 commento:

  1. Grazie di quello che mi hai scritto (:
    bella anche la seconda parte, sopratutto lo "schianto" delle illusioni con la realtà e il successivo rimboccarsi le maniche per affrontarla. Rendi proprio bene l'idea... la nostra mente ci tende un sacco di trabochetti, però se sapessimo in anticipo quello che ci aspetta faremmo molti meno passi, saremmo molto più riflessivi e ci perderemmo il meglio cioè l'imprevisto, l'azzardo, la piccola follia di un momento... quindi meglio così, non credi?...
    buona serata^^

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