giovedì 23 settembre 2010

La sua arma più forte è comprarti. [cit.]

Qual'è il tuo prezzo, dov'è il tuo cartellino? Su, dimmelo in fretta, saprò valutarti per quel che sei e che sei stato. Non dire che vali più d'ogni denaro, non dirmi che non sapresti venderti al peggior offerente, mentiresti a te stesso e a me; sei una merce, un articolo da negozio, così come io sono mercante di vite.
Il tuo pensiero è ciò che m'interessa, potrei offrirti tutto: dimmi quanto vuoi per la tua libertà, posso comperarla. Ho oro a sufficienza per la tua coscienza, per i tuoi ricordi, per il tuo tempo, per la tua anima se ancora non l'hai svenduta. Voglio il tuo tempo, la tua infanzia, voglio il tuo sorriso; ho un conto illimitato, credo possa bastare; dammi le tue idee, i tuoi desideri, la tua vecchiaia.
La mia è un'offerta conveniente, pensaci bene: tanto cosa te ne fai oramai, in questo posto? Potrai comprare ciò che vuoi, avrai il tuo mondo inginocchiato ai tuoi luridi piedi, sarai il re del tuo universo di cose e di persone inutili, gente uguale a te; mi bastano solo i tuoi passi, le tue carezze che hai dimenticato di dare, i tuoi baci rubati alle stelle e al vischio; dai, vendimi la tua luna.
Ti darò una cifra che non saprai rifiutare, rifletti prima di dirmi che non sei interessato: vendimi le tue cicatrici, il sangue versato, dammi le tue lacrime, gli schiaffi che hai ricevuto e che non hai mai dato.
Sono ricco e voglio tutto di te, ogni singola parte, anche la più insignificante; tutto tranne la dignità, quella di essere umano, quella che ti rende veramente vivo: mi spiace, ma non l'hai mai avuta.

martedì 21 settembre 2010

Coscienza e conoscenza, è solo un'immagine.

La polvere appesantisce le palpebre, il sonno nelle mani impedisce di scavare più a fondo di un misero strato di vita.
Scivola lenta fra le dita l'acqua dei pensieri, nel torrente torbido degli attimi del tempo sepolto; ricordi fragili che s'infrangono contro il muro del silenzio di ghisa, senza valore, senza verità.
Il freddo giorno che corre lungo il raggio storto del mio sole si conclude nella noia della sua penombra, muore nella quotidianità della sua stessa essenza; eppure c'è qualcosa di nuovo ora, ora che si spegne, come sempre nel suo ciclo d'accecante tenebra.
La singolarità del momento mutato, la dolce melodia dei suoi vagiti, il cullare calmo di un oceano di note squarciano il velo della monotona pace della tranquillità, lanciano dal cielo getti di nubi dure come marmo.
La mia mente allora si apre, i cardini urlano il canto gutturale del loro dolore; è nuova luce, piena di calore, piena di vecchie e bellissime parole.
Sono coscienza e conoscenza che germinano nel grembo del mio cranio; è solo un'immagine.

mercoledì 15 settembre 2010

Nostalgia

Perché sono così e, in fondo, non potrebbero essere altrimenti: sono solo fitte fitte al basso ventre che scandiscono il ritmo del tempo che passo qui, nella mia Babele.
Intricate sensazioni, radici profonde che scavano nella terra umida dei miei pensieri, lampi di genio nell'idiozia quotidiana; sono luci e ombre di anime lontane, di chiacchiere morte, di respiri vuoti fluttuanti nel mare tenero della tenebra post caffè.
Non nascono dal nulla, non rigenerano spontanee come erbaccia da estirpare; me le suggerisce l'innocuo dormiveglia, la noia improvvisa, un soffio di vento leggero, il sole che brucia il capo: tutto ciò che, pur rimanendo speculare a prima nella forma, è mutato nella sua essenza, poiché l'apparenza sorda ha smesso d'ingannarmi, la sua voce sirena non mi convince più.
E io cado, cado dalla mia torre di Babele, precipito lento da lì dove parlo e nessuno capisce, da dove tutti raccontano storie che solo la brezza avrà modo d'udire e solo gli alberi modo di raccontare.