Guardo le mie mani
costellate
da punti
di un disegno indefinito.
Ci vedo i molti volti
di mio padre,
di mio nonno;
vedo ciò che sono.
I calli parlano
delle mura scalate
per prestare
sangue e tributo
al mio dio personale;
recitano senza sosta
il grido
del sacerdote:
funebre,
candido come il volto
di una figlia.
Ma il suo tempio è profanato,
il mio tempo perduto,
le ali spezzate,
per far posto al progresso
ed il suo putrido grasso;
puzza di morte
e di vergogna.
La gogna della mia mente
apre al cielo nero
dell'impiccato alla corda
dei propri impegni;
non un momento perso
sotto le unghie,
annerite
dalla terra bruciata
dal sale
che ho sparso intorno a me.
Non un sorriso,
non una smorfia,
niente vita nelle mie mani,
chiuse;
solo palmo a palmo.
Questo e solo questo
è tutto ciò che vedo.
sabato 16 luglio 2011
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