lunedì 31 maggio 2010

Sole malato: flusso nato dal niente (Aspettando la nuova alba)

F: sole malato
L: malato d'aria e di nubi, malato di vento caldo.
F: malato di quell'umidità che ti penetra nelle ossa fino a farle marcire
L: malato dell'odore acre dei fiori bruciati dal suo calore, malato della sua stessa vita
F: dal rumore di una perdita nel soffitto, che goccia dopo goccia scandisce il tempo ansioso ed opprimente,schiavo di se stesso
L: dal riflesso di uno specchio rotto a pezzi sul pavimento, che riflette la sua immagine e acceca mille volte, tante quanti i frammenti che sono lì, fermi a guardarci
F: illuso dalla vita non si accorge di essere già morto, ologramma inconsistente nella forma e nel contenuto...cosa ne resta?
L: ne resta la cenere, calda e fastidiosa, ne resta il ricordo insistente che non vuole andare via, che non sai mandare via. E intanto lui, già morto nella sua luce, continua a sorgere fra le sue braci e a morire ogni sera, una e una volta ancora. Cosa ne resta mi chiedi? Nel suo carbone resta la sua ostinazione, nel freddo che lo circorda resta la sua presenza ingombrante e fiera; resta il mio e il tuo sole, ora e sempre. Ecco cosa resta.
F: resta solo un ricordo che nel tempo diventerà sempre più labile, fino a che un sole nuovo prenderà il suo posto. Resta l'illusione dell'eterno, il vaneggio dell'assoluto, quando in realtà ce stiamo già dimenticando
L: Ma il nuovo sole morirà a sua volta, di nuovo e di nuovo ancora, e noi vedremo il declino di millanta tramonti prima che giunga il nostro. Perciò ricorda, stella del mattino, che il primo e l'ultimo sole non sono poi così diversi a vederli da vicino; perciò ricorda, o Venere, fa che il ricordo non ti lasci, non lo abbandonare mai. C'è anche l'anima tua in quella sua luce che vuoi ostinatamente dimenticare
F: solo nella totale rimozione la sua anima trova la pace
L: e allora povero, povero sole. Canterò per lui quando non vedrò più la sua luce, fra le tenebre in cui mi lascerà. Sarà un canto lugubre, salato dalle mie lacrime. Spero che sarai lì a farmi compagnia
F: più probabilmente starò dormendo sotto le ceneri del suo ricordo
L: il manto caldo del suo ricordo abbraccerà anche me mentre canto, dopo il suo calore tutto sarà più freddo. E fra il ghiaccio alzerò le mani al cielo nero, quel cielo senza più sole immerso nella sua notte eterna. Aspettando la nuova alba.


io adoro questa ragazza.

domenica 30 maggio 2010

Senza luce

Guardo l'orizzonte e cammino, cammino verso quell'oro così lontano.
Sono pieno d'ogni sua venatura, d'ogni sfumatura che crepita dentro i miei occhi stanchi; corro, corro verso quel cielo così distante.
Ma lui va via, più veloce del passo celere: quant'è più piccolo, ora, il mio orizzonte.
Mi diranno girati, cosa t'importa di quel dettaglio: il mondo può essere tuo, basta voltarsi per osservarlo. Mi diranno lasciali quei colori, lascia quello spettacolo al suo finire, alla sua decadenza; qui l'universo ti reclama a gran voce.
Mi urleranno smetti di ascoltare l'assolo di quel tramonto perché l'orchestra intera suonerà per te, solo per te, se lo vorrai.
Ma voi, saggi consiglieri di parole vuote, voi non potete capire; in quell'orizzonte c'era il mio sole, c'è sempre stato: ma ora che si dissolve, che muore mentre gli corro incontro e piango, ora il vostro universo è rimasto senza più luce.

martedì 25 maggio 2010

A fuoco spento

La rabbia era fuoco vivo nelle mie mani, bruciava tutto attorno a me; mi sentivo pericoloso, e probabilmente lo ero davvero.
Gli occhi scrutavano il paesaggio, le facce spente, il passo lento; il senso che cercavo non c'era, o forse non lo vedevo. Dicono che l'ira acceca l'uomo, è fin troppo vero: polvere e scintille di un incendio indomito sono nebbia ardente che non fa vedere.
Ma la fiamma poi si abbassa, il vento dei pensieri neri tace dopo alcune ore: ed ora è brace, non emana più quel calore. I muscoli tesi si sono rilassati, il corpo non è pronto più all'azione immediata: ho domato il divampare della rabbia.
Ora resta la consapevolezza, furia e passione sono assopite.
Il mio cuore è triste.

lunedì 24 maggio 2010

Mah

Osservo il mondo e non mi piace; non mi piace più. Lo smog mi fa tossire, non respiro, e la sigaretta che ho fra le dita di certo non aiuta. Mi bruciano gli occhi, non vedo nella nebbia tossica che mi avvolge; e io abito in campagna, lontano dal traffico che soffoca il mio povero pianeta.
Bevo birra che mi gonfierà lo stomaco e il fegato, nelle mie vene c'è alcool puro al 90%: ma continuo a sorseggiare, sono tranquillo nel mio inferno di fumo.
E' da poco che vivo, chiuso in questa teca di cristallo, sporca e piena d'ingiustizie: ma l'universo è gentile con me, sono un suo figlio, e mi regala vizi fatti a mia misura, mi dona la possibilità di non pensare.
Do fuoco alla miccia collegata al detonatore che ho in bocca, lo sento esplodere dietro le gengive, ha un retrogusto tagliente, ma molto dolce. Aspiro forte, i polmoni non gradiscono in realtà: ma il cervello appaga le sue pene; il mondo è meno sporco, la nebbia che ho davanti sembra meno tossica, sono quasi felice di esserci in tutto questo lerciume.
Ma ciò che è nato immondizia, immondizia rimane.

venerdì 21 maggio 2010

Senza sensi

Lascio le quattro vie della realtà sul comodino mentre mi sveglio, arranco informe fra le sensazioni vuote.
Plasmo idee di creta che si frantuma, polvere e aceto per le iridi irritate; la vista non è più senso.
Tocco gli oggetti che non vedo, le forme mutano nel divenire dello spazio astratto. Un'altra via è morta nel dinamismo del contatto; non ho più tatto.
Ascolto il silenzio del nulla che mi si para innanzi, cerco di percepire il tempo nello scorrere dei battiti. Ma oltre il respiro di ciò che ho dentro, al centro, non assimilo nulla se non il mondo spento; ormai nemmeno sento.
Ma assaporo l'esistenza, mi nutro della sua linfa per trarne forza per la mia vita; eppure crolla l'ultimo senso, l'ultimo fregio d'umanità che mi spingeva ancora a lottare.
Ma è solo un attimo, tutto torna normale; io, gli altri, il mondo: è un secondo dall'altra parte, nell'annullamento dell'io nel cosmo.

giovedì 20 maggio 2010

Fomento

Adrenalinico energia in particelle dal flusso continuo che a cascata sfonda la diga della mia pelle sono aperto da dentro squartato dal ventre alla fronte la fonte della forza ha trovato nuova sede nel mio petto divaricato e luminoso mi sento pericoloso mi sento oltre l'umana condizione sento di essere ora dall'altra parte sono fascio di luce selvaggia rompo la parete non mi rifletto nello specchio morto che mi proponi io sono movimento incessante non mi rinchiudi fra le tue inutili mani!





La musica accelera l'anima, la lingua, la mente. Io seguo solo il ritmo veloce; mi sento vivo.

martedì 18 maggio 2010

Disimparo quello che ho imparato per salire [cit.]

Non ho capito nulla di quello che mi circonda, scrivo lettere ma è sangue che non ha più senso: il pensiero denso fra le tempie ristagna e affiora, dal lago della mia mente, la figura torbida del mio carnefice.
E' flusso di parole contaminate dal greggio lurido sulle mie labbra; bevo alla fonte della rabbia che incendia il mare della mia coscienza.
La conoscenza è sola, rabbrividisce nel freddo inchiostro di una penna a sfera, di una tastiera rotta che si ostina a raccontare storie che nessuno vuole più sentire.
Disimparo, perché ho ancora troppo da imparare.

lunedì 17 maggio 2010

Noia

Noia esistenziale che ti assale, onda anomala sulla tua pelle.
L'occhio scruta il paesaggio, disarticola i frammenti che non sa più ricomporre, bagna d'argento le fila calde dell'umanità nell'attesa dell'eterno; è il fermo immagine del movimento. Stillicidio dell'anima stanca, la noia travolge il mondo, è epidemia incontrollata: rende la verità menzogna, santi i demoni, nasconde il suo volto fra le gente che conosci meglio.
E' cacciatrice; rincorre la sua preda fino allo stremo, la riduce a larva, l'annienta nella nullità della sua stessa essenza: ti uccide con il freddo metallo della sua rete, ti cattura come una lepre. La sua prigione ti sarà la tua libertà, le sbarre fatte d'aria leggera, il sole abbonderà nella tua cella; ma il pensiero imprigionato sanguinerà fino a perire.
E la morte del pensiero è la morte di tutti noi.

domenica 16 maggio 2010

Eppure è così

Eppure mi sembrava di aver commesso delitto nel guardarla, come se avessi rubato dal suo viso la bellezza di quell'attimo di splendore.
Mi ero nascosto fra l'aria torbida del suo profumo e piano, sinuoso come un serpente, il mio sguardo aveva rapito la fiamma ardente dei suoi occhi che, quasi magicamente, si volgevano proprio verso di me. Non volevo crederci, mi sembrava così strano che tanto potesse essere concesso all'anima mia in pena che, desiderosa d'amore, bramava le sue lacrime di passione e di stanchezza, le perle delle sue mani e la luce del suo sorriso.
Non me ne ero accorto, non al momento perlomeno, ma in realtà ero appena risorto.

C'è la musica e io ballo

Mi sento un idiota e probabilmente lo sono, non so neanche perché ve lo sto raccontando; ma ascolto questa musica e non mi riesco a contenere, devo ballare.
Devono ballare le mie dita, le mie braccia, le mie gambe. Ballano i miei pensieri e le mie parole, non riesco a stare fermo, la sedia è il mio palcoscenico e io, perdio, sto saltando.
Non sono solo note, non è solo suono che si espande nella stanza vuota, non sono solo echi né parole nuove. E' la musica dell'io, sarà quella del mio inconscio probabilmente, ma mi ha rapito col suo ritmo: tribale.
Non la potete sentire, non è lì con voi come lo è qui con me e, vi giuro, piango per voi. Piango perché mi rendo conto di impazzire per tutto questo, è fantastico.
Oddio, non riesco nemmeno più a scrivere... devo ballare, devo ballare!

Se sono solo.

Nel vento, nel mare, nella luce del sole; mi succede solo se sono solo.

E mi succede solo se sono solo, niente
è reale di quel che vedo
e, giuro, non sono folle mentre lo dico, lucido,
calmo, com'è adesso il mio pensiero

sento, e ciò che sento stride
con la realtà che mi si para schietta
innanzi; la mia mente gioca e quasi ride
delle impressioni di cui mi nutro, avanzi;

vita vissuta, ferma in un attimo di quiete, sete
di eterno impedisce ch'io mi rialzi;
corro nel fermo senza mai muovere piede, lento
e risulto, indistinto, unito nell'insieme con le sue parti

e divento uno, tassello confuso nel resto
di tutto, non trovo il senso di tutto questo;
diverso e uguale, non resta che il buio pesto,
incesto orrendo della mia mente con il reale.

Suono

Avete mai ascoltato il vento? Stasera è qui con me e ve lo voglio raccontare.
E' fra le foglie degli alberi del mio giardino, è al di la della strada, nel silenzio; è il più grande musicista dell'immenso e ora suona una melodia che spacca l'anima. Sul palcoscenico del mondo è solo ed è sovrano, urla come un folle parole e suoni che credevo non esistessero nemmeno.
Gioca, perché è bambino; scompare fra i rumori delle macchine raminghe che si ostinano a passare, ma è solo un attimo, la sua musica è padrona di ogni cosa. Tace, ma il suo è un crescendo muto che inizia quando pensi che abbia finito: gli archi, gli ottoni, i fiati.
Il vento è orchestra, è direttore, e io, spettatore, sono strumento di questo artista: i miei polmoni, pieni dei suoi suoni, casse di risonanza, il mio cuore percussione del ritmo lento, lentissimo, che accompagna la sua canzone dell'esistenza.
Il vento è immerso in ogni cosa, ci racconta di ogni cosa.

sabato 15 maggio 2010

Vernice

La vita. Nel suo susseguirsi d'attimi e di pause, nel suo rincorrersi tra fretta e abitudine, persa nel limbo dimenticato dell'esuberanza infantile, è chiusa in tutta la sua bellezza in una semplice, banale, tavolozza in cui regna sovrano il colore.
Questo, purtroppo, l'ho scoperto da veramente troppo poco.
Ho sempre pensato che gli angoli scuri ai bordi del quadro fossero in realtà l'unica cosa che ci fosse da vedere, l'unica degna di nota; davo importanza al grande evento, grigio, spento perché troppo grande, troppo al di la della comune coscienza, troppo anche per la mia comprensione.
E poi un giorno di un mese in un anno che non ricordo, durante una stagione dorata, senza volerlo e senza aspettarlo, ho scoperto il verde, l'azzurro, il bianco, il rosso: ho scoperto i colori, ho scoperto le immagini, ho scoperto la vita.
Ho scoperto le sue sfumature... e da allora vivo solo di quelle.

Balla musa!

A volte la musica è più che un piacere... è fonte d'ispirazione!

Balla al chiaro e ristagna,
bagno di suono piano
il flauto disarticola e ridà
canto allegro e sereno
sia al di qua sia al di là;
felicità che spezza
gambe in movimento lento,
il petto arcano e gonfio
è trionfo del ballo;
lo sento, questa è serenità!

Balla o musa, balla
movenze al ritmo forte
di natura antica e civiltà
bastona e ridona il ventre
caldo e asciutto;
passi lenti e sentimenti
questa è mistica bontà!

La schiena sciolta,
oro colato sulla giuntura;
la natura per sua natura
muta al suono,
perchè ne ha paura;
chiedo e mi risponde,
taccio e non mi parla,
sono sponde del mare e perla
dove le onde stanche sono dalla cassa;
è risonanza!

Balla musa, balla!

L'ingranaggio

Movenze di una macchina che s'inceppa.

La mia vita è un'istantanea.

Si è fermato, non cammina
l'ingranaggio
che dava vita al suono;
fra le mie dita ancora vita,
è qui,
e strilla.

Si è spento, non brilla
l'ingranaggio
che dava luce al passo storto;
fra le mie mani ancora vita,
è ancora piena,
e strilla.

E' muto, non parla
l'ingranaggio
che raccontava la mia vista;
fra le mie labbra ancora vita,
finisce e ricomincia,
e strilla.

Urla al vuoto,
urla al disumano che cresce
e perisce nel pensiero,
svuota l'anima nel vero;
lode al senso per cui si nasce.

La mia vita è un'istantanea.

Angoscia

La vita è percezione dell'universo, dell'universo al di fuori di me, della sua simbiosi con il mio essere. L'immensamente grande entra nell'anima a volte e, se succede, spaventa. Questa è la mia angoscia.

Le parole si cancellano
e il vento porta via la voce;
i gesti muoiono nella giornata
e la memoria fa perdere le sue tracce,
restano sensazioni vuote.

Dove
il mio pensiero s'articola
e si rinnova
nella realtà?

Dove ogni momento è perso
e il singolo significato cade,
ora,
nel nulla di queste foglie morte.

Le mani si fanno aria
e le braccia sempre più leggere;
scendo io o è l'universo che risale?
c'è distinzione fra quel che sento
e quel che appare.

Trame sono le mie dita,
gioco di fili le mie gambe:
rete d'anelli il petto vuoto
biglia d'acqua fredda l'occhio,
spento della sua luce,
vacuo.

Angoscia nella mia mente
che ristagna,
gocce torbide e parole
nell'inverno mio perenne.

Altro da me.

E' solo una sensazione in fondo, e alle sensazioni non bisogna dar peso; almeno fin quando queste non diventano la tua vita.

M'hanno detto che arriverà da solo,
che sarà un fulmine a ciel sereno;
ma il mio è pieno solo di nubi d'oro che tacciono
un silenzio di cui potrei fare a meno

sembra una maledizione l'anatema
che rimane e non si consuma, che ritaglia lo spazio vuoto
che in me, vedo bianco come la luna

alieno io al mondo che si fortifica,
il pensiero non scalfisce la dura scorza,
pianifica l'azione ma la mia carne crepita
sotto il rigurgito del sentimento dov'è pura forza.


ed è lì che riconosco il calore
di qualcosa che non m'appartiene,
ch'è altro da me.

Apro il Blog

Blog. E' un mezzo di comunicazione, è una pagina immaginaria di parole reali che io dono a te, che ti regalo. Accettalo ti prego, mi farai felice. Le esperienze muoiono fra le sillabe in intreccio, ma rinasce la vita fra frasi sconnesse a cui tu dovrai dare un senso; il tuo senso. Non esisto io, non esisti nemmeno tu: esiste l'altra parte di noi, esiste l'altra parte del mondo, esiste l'altro da me e da te. Guarda il cielo, è lontano. Ma tu sei cielo quanto io sono nuvola. Percorriamo questo breve tratto insieme, la vita ci renderà grazie.