sabato 17 marzo 2012

Inno agli A

Ammutinati, figli di quieto vivere,
Navigano, protetti da spada amara.

Tracannando veleno speziato
Immolano corpi ai guadi attraccati;
Patetici e insani,
Avvolgono genti in corde di niente.

Tronfi di arie sporche,
Innescano reazioni innate:
Cresce, scolpito nel ventre aperto,
Immane il loculo del loro mare.

venerdì 6 gennaio 2012

Altro che Notte, è Disperazione a portar consiglio.

Il figlio urla
solo
sulle ossa dei suoi avi.
Capelli a terra
dispersi
nel delirio d'un bambino.

Disperazione, sanguina se vuoi.

Il padre attento
perde
fanciullo sul sentiero.
Poche speranze
fra i sassi
muoiono nel sangue.

Disperazione, cercalo per noi.

La madre gravida
lacrima
al grembo profanato.
Squarcio d'eterno
riflesso
sulla lama di un coltello.

Io sono il figlio mai voluto
ucciso da mia madre,
giovane insicuro
figlio d'un padre che l'ha perso.

Disperazione, salvami se puoi.

mercoledì 4 gennaio 2012

A caso (Stato Alterato di Coscienza).

Gambe ad uragano
devastano ogni cosa.

L'essere umano prega,
seduto inginocchiato,
schiavo del sistema
infiltratosi nel cranio.

La mia mano è fulmine
brucio ogni cosa.

Vedo fumo
fuoco
e fiamme,
dalle case dalle gente.

Chiamatemi l'Omega
distruttore senza posa.

martedì 3 gennaio 2012

Distruzione personale fuori controllo

Mani si sciolgono fra i tasti,
non ancora un battito nell'aria ovattata dal fumo denso;
le mie braccia bruciano.

Torace esplode di colori,
costole come sabbia.
Io vedo sempre meno.

Gambe di brace,
luci soffuse dal pavimento salgono;
io sento, calore nella carne.

La testa cede,
vomito
pensieri in porcellana.

venerdì 11 novembre 2011

Seconda lettera di qualcuno ad una musa, rossa.

Io ti vedo in giro,
ti giuro,
mi giro e ti vedo;
mi fa strano.

Tu non dovresti essere lì,
dovresti essere altrove,
lontana,
centinaia di kilometri.

Preso dallo sconforto mi avvicino,
ti guardo,
e sei così diversa tanto che non sei tu:
ma che diamine,
penso,
i miei occhi mi fanno scherzi da preti.
Non c'è neanche una chiesa vicino a me.
Nemmeno una suora da cui piangere,
nemmeno un chirichetto da prendere in giro,
non c'è nessuno.

Il tempo è talmente fermo
che una foglia è dritta davanti a me,
galleggia a mezz'aria;
la sposto con una mano sennò mica ti vedo.

E sei di nuovo lì,
che non mi vedi,
che non mi conosci,
che non sai chi sono.
Dovresti saperlo,
io ti penso di tanto in tanto,
mi vieni in mente
più ora che non siamo più,
che prima che eravamo,
fosse anche che eravamo solo chiacchiere.

E il distintivo?
Non c'è,
non mi distinguo,
sono confuso nell'aria ferma perché tutto è fermo
tranne te che continui a muoverti,
te che te ne sbatti
del fatto che io ho imparato a bloccare il mondo pur di trovarti.

E sei veloce,
con quelle gambette impazzite che non si distinguono:
diamine io sono due metri,
almeno un metro di gambe le avrò,
come cazzo fai a correre più forte di me?
Ma ce la fai,
straordinaria,
e poi ti fermi e io ti raggiungo,
il tuo volto cambia i lineamenti,
i tuoi capelli colori,
sembri pure più grassa.

Non sei tu, tu non sei grassa.
Maledette ciccione che corrono,
mi confondo e io perdo di vista quello che cerco,
TI perdo di vista.

Ma tanto passa un giorno,
passa un'ora,
e sei di nuovo da un'altra parte,
sembra quasi che mi segui,
tanto per darmi fastidio,
dato che alla fine non sei mai tu.

Ero ubriaco e ti vedevo a malapena,
sono sobrio e ti distinguo fra la gente come se tu ci fossi veramente,
anche se non ci sei
mai.

venerdì 7 ottobre 2011

Mi piace come inizio.

I vecchi organizzavano uno spettacolino per intrattenerci; come quelli che si fanno all'asilo, ma con in più litrate di bava e sedie a rotelle. Un intrattenimento niente male, ad essere sinceri: un incrocio tra un demolition derby e uno scontro fra robot fino all'ultima goccia di benzina, il tutto reso ridicolo dalle enormi sottovesti da notte di infima qualità ancora sporche dal pranzo e dalle aste delle flebo, che vacillavano instabili per la stanza. Il calendario degli incontri prevede per questa sera 2 combattimenti: il vecchio ex operaio Stone, reduce della catena di montaggio di una non precisata industria di cui lui ora afferma di essere proprietario, contro l'ancora arzillo ex imprenditore Brown, effettivo proprietario della non precisata industria e aspirante gallina, almeno stando a quanto dice. "Poveri rincoglioniti" penso, tirando su una manciata di mais tostato e lanciandola verso la mia bocca, centrando solo parzialmente il bersaglio "se devo finire come questi, meglio che crepo subito". Continuo comunque a leggere il programma, l'altro combattimento sembra più interessante: la signora Kelzer, ex maestra arrabbiata delle elementari con crisi psicotiche, contro l'ex marinaio, ormai in congedo permanente, Christis, convinto di essere il flagello di Dio. Ah, è quel tocco leggero di follia che rende la lotta decisamente più cruenta; bisognerebbe aprire un giro di scommesse su quale osso si spaccheranno per primo questa volta, tra sputi e merda dai pannoloni; poveri idioti. Il problema è che non lo fa nessuno.

giovedì 6 ottobre 2011

Mondo.

Vorrei poter descrivere il mondo
meglio di come lo vedo,
vorrei poterlo vedere
oltre il filtro delle parole.

Mi è stato insegnato come descrivere
e io obbedisco;
sono il soldato dell'universo,
sono la carne del sabato contro un palo.

I miei occhi come pixel quadrati
sono bruciati dall'interno;
io sono il perno della leva,
ma non si solleva la Terra mentre la guardo.

Mentre tutto resta fermo, io cammino fra la pioggia.
Sabbia gialla, divento fango in un momento.
Da quando sono nato,
io mai stato
così vicino al mondo intero.

sabato 16 luglio 2011

Nelle mani.

Guardo le mie mani

costellate

da punti

di un disegno indefinito.

Ci vedo i molti volti

di mio padre,

di mio nonno;

vedo ciò che sono.



I calli parlano

delle mura scalate

per prestare

sangue e tributo

al mio dio personale;

recitano senza sosta

il grido

del sacerdote:

funebre,

candido come il volto

di una figlia.



Ma il suo tempio è profanato,

il mio tempo perduto,

le ali spezzate,

per far posto al progresso

ed il suo putrido grasso;

puzza di morte

e di vergogna.



La gogna della mia mente

apre al cielo nero

dell'impiccato alla corda

dei propri impegni;

non un momento perso

sotto le unghie,

annerite

dalla terra bruciata

dal sale

che ho sparso intorno a me.



Non un sorriso,

non una smorfia,

niente vita nelle mie mani,

chiuse;

solo palmo a palmo.



Questo e solo questo

è tutto ciò che vedo.