martedì 8 marzo 2011

Sono stanco.

La stanchezza mi invade come dolce veleno che scorre lento e non mi uccide, oggi non ne ha voglia.
Le palpebre lo sanno, si sciolgono in un abbraccio morbido che culla la mia vista, la realtà è fatta di sapone. Le mie mani di bolle pigiano lente sui tasti di ciò che voglio dire ma non ne seguono il ritmo: torno indietro, ricomincio, rifaccio, riscrivo identica due volte la stessa frase. Stesse parole, stesso ordine; e il significato? Completamente diverso, ma solo io posso saperlo.
La stanchezza parla con la mia voce, scrive i miei pensieri, l'inerzia regna nel mio mondo che esplode; eccola, una bolla si dissolve, il mio mignolo sta sparendo. Nove dita ancora, non mi rimane molto tempo. L'anulare, il mignolo dell'altra mano, un medio; sei, solo sei dita ancora.
Bolle, bolle ovunque; lacrime viscide nel mio midollo che risalgono fino al cranio, il mio cervello che si gonfia come pane a lievitare. A cosa mi servono le dita che mi rimangono, le mie sei dita, se il cervello può svanire così, da un momento all'altro?
Non ho più tempo, forse non ne ho avuto fin dall'inizio; non rimaniamo che io e la mia stanchezza.
Ora si, che ho finito di lottare.

3 commenti:

  1. Dissoluzione.
    Mi piace questo tuo passo. Percepisco l'odore agrodolce della disfatta.

    7

    P.S. Grazie del tuo passaggio. :)

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  2. Ti è mai capitato di ripetere tante volte una parola da sembrare di dimenticarne il significato?

    Mi è venuta in mente questa cosa leggendo il tuo post

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  3. Scusami, non c'era nessuna critica, ho letto questo passaggio:

    Le mie mani di bolle pigiano lente sui tasti di ciò che voglio dire ma non ne seguono il ritmo: torno indietro, ricomincio, rifaccio, riscrivo identica due volte la stessa frase. Stesse parole, stesso ordine

    e mi è venuta in mente questa cosa del ripetere le parole...

    Il pezzo è davvero bello

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