sabato 5 febbraio 2011

Pesante, pesante da morire.

Le ossa pesano tonnellate quando il sole scende al di sotto delle palpebre dei miei occhi, i muscoli non reggono un altro giorno calcificato nel legno marcio del mio scheletro; mi piego, il vento culla il sonno di mille notti donate al fuoco della vita senza calore, senza colore. Il bianco è marchiato a fuoco sulla mia pelle, indelebile come vernice, cancro in metastasi che si diffonde lento, cellula infetta; il nero resta a guardare, fissa le gocce cadere, canta afono lo stillicidio del mio pensiero liquido, statico; tutto diventa uguale, sempre uguale. Il peso non conta, è l'inizio e la fine di ogni istante. A me non resta che contarli, distinguerli come fossero tutti importanti nel loro centimetro, all'interno della loro dignità fatta di vuoto; ma sono solo uguali, indifferenti come il mio sguardo che li apre, dilania la loro carne e ne fa fregio. E io, io mi perdo nel mare torbido, sporco del loro sangue e della mia memoria; e gli istanti diventano anni, venti anni, raggiunti, finiti, seppelliti i quali mi rendo conto che, in fondo, sono miliardi di momenti soli.
Pesante, pesante da morire.

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